Il
processo tradizionale di fabbricazione della carta a mano di Amalfi
consisteva nelle seguenti fasi. La
materia prima era costituita dai cenci di cotone, lino e canapa, che
venivano raccolti in apposite vasche di pietra dette “pile”
ed erano triturati e ridotti in forma di poltiglia mediante una serie
di magli di legno,alla cui estremità erano sistemati dei chiodi in
ferro. La forma e le dimensioni di questi chiodi determinava la
consistenza della poltiglia e, quindi la grammatura o spessore dei
fogli di carta.
Il
movimento dei
magli era generato dalla forza dell’acqua che, precipitando su di
una ruota a contropeso (rotone),
metteva in azione un albero di
trasmissione (fuso).Una volta preparata la poltiglia, veniva
raccolta in un tino che consisteva in una vasca rivestita di
maioliche. Nel tino poi si calava la “forma”, che aveva la
bordatura in legno (cassio) e la filigrana nel mezzo, composta
da una fitta rete di fili di ottone o bronzo. La filigrana conteneva i
marchi di fabbrica, che servivano a contraddistinguere i vari cartari.
Questi marchi, visibili in controluce, raffiguravano simboli civici,
araldici e religiosi.
I
fogli più antichi, risalenti al XIII e XIV sec., presentavano lo stemma
della città o la croce ad otto punte e gli emblemi di famiglie antiche.
La poltiglia, una volta attaccatasi alla forma e scolata l'acqua,
veniva trasferita su un apposito feltro di lana. Si realizzava in tal
modo una catasta di fogli di carta molto umidi, a cui si alternavano
altrettanti feltri di lana.La catasta era quindi pressata da un torchio
di legno, che determinava la fuoriuscita dell‘acqua. Successivamente i
fogli di carta venivano staccati
uno per uno dai feltri e portati nello “spandituro” per l’asciugamento
definitivo, a mezzo di correnti d’aria. Per questo motivo gli
spanditoi erano costruiti nella parte più alta della cartiera. In
ultimo i fogli erano collezionati in pacchi nella stanza dell’ “allisciaturo”,
dov’erano preventivamente sottoposti ad un’accurata stiratura.
Nel
XVIII sec.la pila a maglio fu sostituita dalla “macchina olandese”
per una maggiore produzione e più raffinata della poltiglia. Questi
strumenti presentavano grossi cilindri metallici, sui quali erano
attaccate le filigrane. La pressione dell’acqua, che scorreva
attraverso giuste condutture in muratura, attaccava la poltiglia alle
filigrane. La poltiglia si staccava automaticamente e passava attraverso
due rulli feltrati per l’eliminazione dell’acqua. I fogli di carta
subivano un preasciugamento tramite una caldaia a vapore. La carta così
prodotta a fogli veniva poi messa ad asciugare ulteriormente negli
spanditoi.
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